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L'iniziativa franco-tedesca per la ripresa dell'UE dalla crisi causata dal Coronavirus

E la proposta dei Paesi cd. "frugali"
5/6/2020

Il 19 maggio scorso, la Cancelliera Merkel e il Presidente Macron hanno presentato un documento franco-tedesco che presenta alcune proposte per favorire la ripresa dell’UE. L’iniziativa si compone di quattro parti:
1. Sviluppare una strategia sovranazionale europea per la salute attraverso un’“EU Health Strategy”
2. Creare un ambizioso Recovery Fund per la solidarietà e la crescita
3. Accelerare la transizione verde e digitale 4. Rafforzare la resilienza e la sovranità industriale ed economica dell’UE e di dare nuovo impulso al Mercato Unico
Innanzitutto, l’iniziativa franco-tedesco propone di sviluppare una strategia europea per la salute, che rafforzi l’industria europea e la renda meno dipendente da Paesi terzi. A questo proposito, si suggerisce di: aumentare la ricerca e lo sviluppo di vaccini e trattamenti, cosi come il coordinamento e il finanziamento a livello internazionale, in particolare con l’obiettivo di sviluppare e produrre un vaccino contro il Coronavirus; creare uno stock comune di farmaci e attrezzature, incoraggiando la capacità produttiva dell’UE; coordinare una politica di approvvigionamento europea sui futuri vaccini e trattamenti, creare un’EU «Health Task Force» per sviluppare piani di prevenzione e reazione contro future epidemie.
Al centro del Piano, vi è poi la proposta di creare, nell’ambito del futuro Quadro finanziario pluriennale (QFP), un Recovery Fund, che sia ambizioso, temporaneo e mirato. Secondo la proposta, il Fondo dovrebbe disporre di 500 miliardi ed essere finanziato attraverso debito comune UE, con obbligazioni emesse dalla Commissione. Obiettivo del Fondo sarà quello di aumentare la resilienza, la convergenza e la competitività dell’UE e di rafforzare gli investimenti, in particolare per la transizione verde e digitale e per la ricerca e l’innovazione. Le risorse del Fondo verranno ridistribuite alle regioni e ai settori più colpiti dalla crisi con trasferimenti a fondo perduto, sulla base dei programmi del QFP e delle priorità dell’UE. Tuttavia, per ricevere i fondi, sarà necessario un impegno chiaro da parte degli Stati membri a adottare politiche economiche sane e un programma di riforme ambizioso. Il debito contratto dalla Commissione dovrà essere rimborsato, ma gli Stati non contribuiranno al rimborso in base ai fondi ricevuti, bensì in proporzione al loro reddito nazionale lordo. Al momento l’Italia è tra i contributori netti del bilancio UE, ma è molto probabile che, a causa della crisi, il nostro Paese diventi un beneficiario netto. Parigi e Berlino propongono inoltre di aumentare le risorse proprie del bilancio dell’Unione. Nella terza parte, l’iniziativa riafferma la centralità del Green Deal come strategia di crescita dell’UE e come modello per un’economia prospera e resiliente in grado di raggiungere la neutralità climatica al 2050. In particolare, Parigi e Berlino supportano la proposta della Commissione di aumentare il target UE di riduzione delle emissioni al 2030, passando dal 40% al 50-55%, di sviluppare un nuovo Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (Carbon border adjustment mechanism) e di rivedere le regole sugli aiuti di Stato alla luce di una strategia climatica più ambiziosa, in particolare su ETS. Inoltre, propongono di accelerare il processo di digitalizzazione, attraverso l’introduzione del 5G, maggiori sforzi per rafforzare la cybersicurezza, l’abilitazione di un framework per l’intelligenza artificiale e una giusta regolamentazione per le piattaforme digitali. Infine, nell’ultima parte; l’iniziativa propone di rafforzare la resilienza e la sovranità industriale ed economica dell’UE e di dare nuovo impulso al Mercato Unico. Per questo, tra gli altri, si propone di modernizzare le regole UE sulla concorrenza, adattando anche le regole sugli aiuti di Stato e velocizzando l’implementazione degli IPCEI; completare l’Unione dei mercati dei capitali, dell’energia e del digitale; supportare la diversificazione delle filiere produttive attraverso la promozione di un’agenda commerciale libera ambiziosa e bilanciata; sviluppare uno strumento anti-sovvenzioni, assicurare la reciprocità negli appalti pubblici e rafforzare il filtro rispetto agli investimenti da parte di Stati terzi in settori strategici nell’UE e a livello nazionale.



Analisi del documento franco-tedesco


La proposta franco-tedesca può essere considerata un consolidamento dei progressi fatti per la risposta economica alla crisi, a livello europeo, ma allo stesso tempo rispecchia chiaramente gli interessi nazionali dei due Paesi, e non è esente da “zone grigie” che andranno definite durante il negoziato più ampio a 27, che si aprirà ufficialmente solo il prossimo 27 maggio, quando (dopo tre rinvii) sarà finalmente approvata la proposta di Recovery Plan (che conterrà al suo interno il Recovery Fund) da parte della Commissione europea. Il Recovery Fund franco-tedesco è stato bene accolto dalla Commissione. Tuttavia, la Presidente Von der Leyen dovrà tenere conto delle sensibilità di tutti gli Stati membri nel presentare il suo Recovery Plan. In particolare, i Paesi cosiddetti “frugali” (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia) hanno subito espresso la loro contrarietà al fatto che il Recovery Fund conceda sovvenzioni e spingono invece per prestiti, condizionati al rispetto delle raccomandazioni UE e dell’implementazione di riforme strutturali, presentando a loro volta una proposta alternativa. Per questo motivo, è probabile che nella proposta della Commissione ci sarà un mix di prestiti e sovvenzioni e che anche le sovvenzioni siano condizionate. È possibile che la Commissione metta al centro del Piano anche lo Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), uno dei programmi del futuro QFP. Lo strumento, che secondo le ambizioni iniziali avrebbe dovuto rappresentare un bilancio per l’Eurozona, dovrà supportare le riforme strutturali e gli investimenti pubblici, in linea con quanto delineato nell’ambito del Semestre europeo, con l’obiettivo di aumentare la convergenza e la competitività. Gli Stati membri dovranno consegnare delle proposte di riforma e di investimento, in linea con gli orientamenti forniti.

L’accesso degli Stati membri ai prestiti forniti da tale strumento dipenderà dall’implementazione di riforme strutturali e investimenti. A fronte di un’attesa di almeno 1 trilione di euro, e davanti alla richiesta, messa nero su bianco dal Parlamento europeo, di un Recovery Fund di almeno 2 trilioni, il documento franco-tedesco, invece, parla “solo” di 500 miliardi di euro. Va detto però che la proposta franco – tedesca sembra fare riferimento solo ai trasferimenti a fondo perduto, e non alla somma trasferimenti più prestiti. Il Fondo, nella proposta franco-tedesca nasce come uno strumento temporaneo per fronteggiare la crisi attuale. Si precisa che l’intera somma andrebbe finanziata con titoli europei di debito, che è ciò che diversi Paesi, tra cui l’Italia, chiedono da tempo (per evitare che per contrastare la crisi crescano eccessivamente i debiti pubblici nazionali). Il piano di rimborso, secondo il documento, andrebbe oltre l’orizzonte dei sette anni previsti dal QFP, in questo modo riducendo la quota annuale di rimborso. Nella proposta franco-tedesca non ci sono ancora indicazioni dettagliate su come le risorse verranno ripartite tra gli Stati Membri. Poiché si fa riferimento a settori e regioni più colpiti dall’emergenza, assumendo che si utilizzino sia indicatori sanitari (decessi, numero di contagi) che economici è possibile fare una stima approssimativa delle risorse cui avrebbe diritto l’Italia sulla base del numero di decessi da COVID-19 e della grandezza dello shock economico previsto per l’economia italiana dalla Commissione europea. Alcuni economisti indicano che l’ammontare di risorse che potrebbe arrivare all’Italia potrebbe essere intorno ai 110 miliardi di euro. Se i contributi versati dall’Italia al prossimo Quadro finanziario Pluriennale fossero uguali a quelli versati nello scorso, pari a 65 miliardi, l’Italia riceverebbe un beneficio netto di circa 45 miliardi di euro (2,8 punti di PIL), passando da contributore netto a beneficiario netto del bilancio UE. L’importanza di uno strumento europeo in grado di contrastare l’emergenza economica è importante per evitare che le risorse vadano dove maggiori sono le risorse disponibili anziché dove servono, cioè verso le aree e i settori maggiormente in difficoltà. Ciò infatti, andrebbe ad accrescere i differenziali di crescita tra Paesi che si sono già ampliati nell’ultimo decennio. Il regime temporaneo sugli aiuti di Stato adottato dalla Commissione europea, consentendo trasferimenti diretti alle imprese in deroga alle consuete regole poste per assicurare la concorrenzialità del mercato unico, sta favorendo una differenziazione delle risorse disponibili tra imprese operanti in diversi Paesi membri. Gli aiuti autorizzati dalla Commissione al Governo italiano rappresentano il 16,9% del PIL (e rappresentano il 15,5% di quelli autorizzati dalla Commissione); si tratta di un ammontare che è ben inferiore, in Europa, a quello deciso dalla Germania (28,9% del PIL, il 51% degli aiuti autorizzati).

Sempre per quanto riguarda il fondo, è importante notare che il documento mette comunque alcuni paletti importanti ai finanziamenti. Il primo è che i trasferimenti avverranno sulla base dei programmi previsti nel bilancio UE: questo vuol dire che la proposta non prevede dei semplici stanziamenti verso gli Stati membri più colpiti, ma che questi dovranno (o dovrebbero) presentare dei progetti specifici, che dovranno (o dovrebbero) ricevere un avallo da parte della Commissione europea. Come conseguenza del punto precedente, la Governance del fondo sarà nelle mani della Commissione europea, che avrà la possibilità di controllare come e dove vengono spesi i soldi, che dovranno essere utilizzati, in ogni caso, “in linea con le priorità europee”. Il documento stabilisce che a fronte dell’aiuto europeo gli Stati membri dovranno adottare politiche economici virtuose e un piano di riforme ambizioso. Non è chiaro dal testo se ciò si tradurrà nella richiesta di rispettare il Patto di Stabilità e Crescita e le Raccomandazioni Paese ovvero se verranno inserite condizioni più stringenti. Molto dipenderà dal negoziato con i paesi contrari alle sovvenzioni. Nella proposta, come detto sopra, possono essere reperite alcune priorità nazionali franco-tedesche, in particolare se si guarda ai due principali pilastri verso i quali si dice che le dotazioni dovranno essere indirizzate: green e digitale. Per la transizione verso un’economia “CO2 neutral”, infatti, la Germania come è noto è in difficoltà, essendo ancora largamente dipendente da fonti energetiche fossili. Il documento stabilisce in più punti non solo che il Recovery Fund dovrà dare un’attenzione (cioè finanziare) in particolare la riconversione energetica, ma che andranno riviste le regole degli aiuti di Stato: il Recovery Fund diventerebbe, in questo modo, un potente strumento per finanziare la conversione energetica e “verde” dell’economia tedesca. “L’impronta” francese può essere trovata in altri parti del testo, a cominciare da quella digitale: si menzionano gli investimenti nel 5G, nella cybersicurezza e nell’intelligenza artificiale (IA): tutti temi cari all’Eliseo. Ma non solo, nella quarta parte del documento vengono menzionali molti altri temi che figurano da anni tra le priorità francesi a livello europeo, in particolare nel settore delle relazioni con i partner commerciali dell’UE: qui si menzionano lo sviluppo di uno strumento anti sovvenzioni (già nel programma della CE), la reciprocità negli appalti pubblici e un filtro rispetto agli investimenti da parte di Stati terzi in settori strategici (meccanismo già adottato ma giudicato da molti troppo debole). Si sottolinea, per inciso, che queste priorità sono condivise anche dal Governo italiano.

Infine, tra i “non detti” del documento merita una menzione la mancanza di un meccanismo “ponte” tra QFP e Recovery Fund. Nel documento si sottolinea che il secondo dovrebbe essere pienamente integrato nel primo, ma il nuovo QFP non sarà operativo prima della primavera del 2021, il che porterebbe a oltre un semestre di “vuoto” tra la presentazione della proposta e la sua operatività. Per questo molte capitali, a cominciare da Roma, hanno chiesto alla Commissione di predisporre un meccanismo ponte, che permetta di aiutare da subito l’economia a ripartire, ma di questo meccanismo il documento non fa menzione.


Il non-paper dei Paesi cd. “frugali” su un supporto europeo per una ripresa efficiente e sostenibile


Il 23 maggio Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia hanno presentato la loro contro-proposta all’iniziativa franco-tedesca, contenuta in un breve non-paper inviato alla Commissione europea e agli altri governi nazionali.
I quattro Paesi cd. “frugali” propongono la creazione di un Recovery Fund temporaneo (con una sunset clause di due anni), che conceda prestiti ai Paesi in difficoltà. Secondo la proposta, il fondo, del quale non specificano la dimensione, poggerà sul nuovo QFP, concedendo prestiti a condizioni favorevoli sulla base di un’analisi approfondita dei settori più colpiti dalla crisi. Le risorse dovranno essere utilizzate dai Paesi per sostenere quelle attività che contribuiranno maggiormente alla ripresa, come la ricerca e l’innovazione, la resilienza del settore sanitario, la transizione verde e digitale. Tuttavia, la concessione dei prestiti sarà legata a delle condizionalità. Infatti, come specificato nel documento, il sostegno alla ripresa dovrà garantire che tutti gli Stati membri arrivino meglio preparati alla prossima crisi. Per questo sarà necessario un forte impegno da parte loro su riforme strutturali e nelle politiche di bilancio. Vengono inserite inoltre, delle condizionalità aggiuntive legate al rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. I quattro Paesi ribadiscono che il fondo non aprirà la strada a una mutualizzazione del debito e che la loro posizione sul QFP resterà immutata, con la richiesta di contributi nazionali limitati. Infine, come parte del piano di ripresa, sottolineano la necessità di rafforzare il Mercato Unico e completare l’Unione dei mercati dei capitali. La proposta di Recovery Fund dei quattro “frugali” non sembra essere adeguata per rispondere in maniera efficace alla crisi attuale. Anche se la dimensione del fondo non è specificata, il fatto che questo conceda esclusivamente dei prestiti, e non dei sussidi, non apporta nessun valore aggiunto rispetto ai tre strumenti approvati dall’Eurogruppo, rischiando di penalizzare ancora di più i Paesi con debiti pubblici già elevati.

Infine, il fatto che il fondo debba basarsi sul QFP ma che lo stesso debba rimanere immutato nelle sue cifre, fa sì che la base di partenza sia necessariamente poco ambiziosa, pensata per tempi pre-crisi e quindi non adatta per la sfida attuale.

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